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 COLLEZIONE DI CERAMICHE


Per un vizio di forma, certuni non credono in quello che osservano ma solo in quello che si ostinano a voler vedere. Non aiuta di certo il lucore abbacinante della ceramica di Andrea Salvatori, un bianco perlaceo che rende ciechi di fronte all'apparenza. Apparenza traditrice, di quelle che si pregiano della sofisticheria rococò, di una manifattura tanto eccellente da distogliere l'attenzione, nascondendo così un'insidiosa morbosità.
Mediante interventi microfilologici, Salvatori scardina la logica predefinita di comuni porcellane, tra le più banali in commercio. Innesti di terraglia invetriata trasformano infatti coppie d'innamorati in amanti adulteri, innocenti fanciulli in serial killer mentre le loro premurose madri sembrano risentire del complesso di Madea. Le virtù sono devitalizzate, contraffatte in vizio, in un cinismo sessuale – corrotto, meschino – degno del divino Marchese. Nello sprezzo di quanto condannato dalla bibbia, l'apoteosi senza apologie di Salvatori smaschera incesti od adulteri, sodomie, evirazioni e promiscuità contro natura (se una ballerina protende estasiata le braccia sotto il fallo d'oro di un elefante, le altre sue compagne si deliziano con i rituali della Salomè palleggiandosi una testa decapitata, quella dell'artista che è novello Battista).
Il (de)generare dell'opera di Salvatori è del tipo gran guignolesco, con schizzi di sangue che si coagulano sul pizzo finemente intrecciato, ennesima leziosità a corredo delle ceramiche. Accenni policromi – oro magenta vermiglio ceruleo – impreziosiscono questa sua diafana maiolica che adagiata sui fronzoli dei merletti, ci riserva un sedizioso corollario di atrocità... gratuite: sia che si tratti di una madre che riceve in dono dalla propria figlia un pene reciso ad un uomo di colore, così di animali da compagnia – talaltre di neonati – accoltellati mentre erano affettuosamente cullati.
Piccole storie d'amore-odio, passione-violenza, il cui contesto viene (dis)turbato; in cui l'ordinarietà è deviata sessualmente e psicologicamente sfociando nel puro delirio aneddotico.
Tra insospettabili dissezioni anatomiche e dissacranti rivisitazioni della storia dell'arte, Salvatori mette in commistione l'epopea mitologica con il fumetto, i cartoni con i film, in una rivalsa ai danni delle favole scritte dai fratelli Griim e da Hans Christian Andersen, rese logore dalle inquietudini di un adolescente diventato adulto.


Alberto Zanchetta